Pensieri

Forse la parte più intima del mio sito, mi permetterò qui di scrivere pensieri intimi, divertiti o malinconici, di colore o acidi, a seconda dell'umore del giorno e dell'attimo. Non esattamente un diario, forse meglio dire un luogo ove appoggiare alcuni post-it di me.


Pensieri

Mah....

Io sono preoccupato, molto.

 

Ci sono mille segnali che mi narrano quanto le cose non vadano bene per nulla. Sono strani perché sembrano notizie a sè stante tra loro, eppure io ci vedo e sento un filo comune, spaventevole. Sono così tanti che potrei scrivere pagine e pagine.

 

I due suicidi di grossi manager Swisscom e Zurich: narrano di un modo svizzero che non esiste più, di una pressione al risultato che forse non è sopportabile, una dinamica del tempo compresso che stritola cuore e cervello, di mail, di budget, di meeting, di viaggi, parole che messe insieme tolgono il fiato.

 

Gli incidenti di treni grandi e piccoli, l’abbassamento della qualità manutentiva delle FFS, la pressione sui macchinisti, l’assunzione di giovani, di tedeschi, di italiani sulle locomotive rossocrociate, una pressione al risultato, lo smarrimento del concetto di servizio pubblico a favore di un concetto di azienda privata, un CEO aziendale tedesco.

 

I siti internet che devono pubblicare assolutamente ogni 15 minuti una news, anche quando non c’è perché questo aumenta i clic, non si controllano le fonti, si prendono giornalisti che vengo da altre nazioni, che poco sanno della cultura svizzera dell’informazione, che portano i loro valori nella narrazione, titoli urlati a ogni costo, marcio a priori di qualsiasi controllo.

 

Strade pensate per un traffico che ora è quadruplo. Posti di lavoro sostituiti a colpi di frase “io con il tuo stipendio pago due frontalieri”, stomaci e pulsioni al meglio sopiti, docenti svizzeri che non si trovano con ragazzi affidati a persone che nuovamente nulla sanno di Winkelried o della Pace Sociale. Medici di altrove a fronte di numeri chiusi svizzeri all’università, aumento di vino importabile a danno della produzione locale.

 

Banche private che negli ultimi anni licenziano svizzeri per italiani e così ci si trova la clientela che sente l’accento romano in un salotto svizzero chiedendosi perché mai venire nel nostro paese.

 

Una perdita di coscienza del valore e dell’impegno di essere svizzeri o in Svizzera – come nel mio caso umilmente e in modo grato – ma anche della difesa dei propri diritti.

 

Un consigliere federale che votato dai socialisti che sta vendendo giorno dopo giorno il paese a terzi. Un modo subdolo specie del SECO di portarci in Europa contro la volontà popolare svizzera, ma in realtà anche di molti europei che oggi voterebbero per l’uscita da Bruxelles.

 

Sono tempi brutti, molto brutti, in cui nessuno davvero nessuno ha ben chiaro come fermare il degrado e l’abbassamento dei nostri standard. Chi più chi meno lotta nel suo piccolo, alza siepi più alte e chiude porte più blindate.

 

Il degrado è uguale a una metastasi: oramai è inarrestabile, oramai è inguaribile.

 

Assistere a questo scempio dona dolore, ma lo stesso possiamo, dobbiamo fare il nostro dovere, riparare ai proprio errori – io – e non mollare, proprio ora, specialmente ora.

 

Non importa cosa accadrà, voglio almeno presentarmi al Grande Citofono in ordine: stanco, sfibrato, magari malinconico, ma orgogliosamente parte di questo Paese.

 

La Svizzera.